Fatica ad esprimersi?

Caro ViaVai dei piccoli,
sono una mamma di due splendidi bambini di 7 e 3 anni. Il più piccolo è un bimbo molto timido e fatica ancora ad esprimersi. Ci dobbiamo preoccupare?

Federica

Cara mamma Federica,
sperando di esserti d’aiuto, abbiamo rivolto la tua domanda alla dottoressa Consuelo Dolcetto psicologa dell’età evolutiva e adolescenziale, esperta in psicopatologia dell’apprendimento e disturbi del linguaggio

La difficoltà di linguaggio
è sintomo di un disturbo che impedisce di esprimere e intendere le parole. Può essere transitorio o permanente e può colpire sia adulti che bambini. Per quanto riguarda i bambini, è importante sottolineare, che la difficoltà di linguaggio non è necessariamente riconducibile ad un “disturbo” vero e proprio ma più spesso ad una situazione “stressante” che sta vivendo il bambino.

Quando ci dobbiamo preoccupare.
A 12 mesi, se il bambino mostra difficoltà di comprensione del linguaggio, a 24 mesi se il bambino produce meno di 10 parole e ha difficoltà di comprensione, a 30 mesi se siamo in presenza di un vocabolario ridotto, non inizia a combinare insieme due parole e persistono espressioni verbali incomprensibili.

L’età dei 3 anni costituisce una specie di “spartiacque” tra bambini cosiddetti “parlanti tardivi” e quelli con sospetto DSL (Disturbo Specifico del Linguaggio).
E’ proprio attorno ai 30 mesi che avviene la massima espressione del linguaggio. La precocità dell’intervento dipende, in larga misura, dalla reattività dei genitori, nel riconoscere, tempestivamente, gli immancabili campanelli d’allarme.

A Scuola.
Da 0/3 anni è importante che anche a scuola si faccia il monitoraggio dello sviluppo.
In questa fascia d’età non si può pensare ad una diagnosi di DSA (Disturbo Specifico di Apprendimento), ma è ormai accertato che alcune condizioni cliniche, rilevabili nella prima infanzia, aumentano il rischio di successive difficoltà di apprendimento.
Riconoscere per tempo queste condizioni diventa importante per prevenire la comparsa di effetti cumulativi ed aumentare il divario con gli altri bambini. A questo livello è necessaria la collaborazione tra genitori e pediatri. In relazione alle problematiche legate all’apprendimento scolastico, vanno monitorati lo sviluppo linguistico, lo sviluppo motorio, lo sviluppo cognitivo e relazionale.

In merito allo sviluppo linguistico, sebbene sia presente la tendenza ad aderire al modello “aspettiamo e vediamo”, è bene sapere che un forte ritardo di linguaggio o una diagnosi tardiva di DSL possano comportare una maggior difficoltà di recupero, oltre che difficoltà sul versante relazionale dovuto alla carenza di comunicazione tra il bambino e le figure di riferimento (Sabbadini e Leonard, 1999).

La fascia d’età compresa tra i 3 e i 5 anni rappresenta un periodo fondamentale per l’acquisizione e la stabilizzazione di specifici prerequisiti delle abilità scolastiche. Dal punto di vista didattico, è importante, soprattutto nell’ultimo anno di scuola dell’infanzia, avviare specifiche attività di monitoraggio e potenziamento dei prerequisiti, in modo tale che il bambino sia pronto per l’apprendimento formale della lingua scritta e del calcolo.

Ogni genitore può fare molto per aiutare il proprio bambino, soprattutto attraverso il gioco.
E può aiutare il bambino parlando, parlando molto.

Una cosa da evitare è quella di rimarcare l’errore, insistere, forzarlo o peggio costringerlo a ripetere. L’unico risultato sarebbe la massima chiusura nei confronti dei genitori nonché una maggiore frustrazione con il rischio di rallentarlo ulteriormente.

Dr.ssa Consuelo Dolcetto

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