Prendere per mano la paura

di Claudia Fenzi

Una cara amica mi raccontava di come una volta fosse riuscita a non cedere ad un attacco di panico durante una visita alle grotte di Frasassi.

Soffriva di claustrofobia. Mentre si addentrava con la sua comitiva in uno dei passaggi più suggestivi, sentì salire la paura dallo stomaco al petto fino ad avere la sensazione che non sarebbe più riuscita a respirare. In quel medesimo istante sentì la voce di un bambino che procedeva in fila davanti a lei: “Io ho paura!”

Istintivamente cominciò a rassicurarlo: “In effetti queste grotte sono bellissime e allo stesso tempo mettono un po’ di timore. Forse, se ci si tiene per mano, la paura un po’ se ne va!”

Il bambino non chiedeva altro (e forse anche lei!) e fu così che, tenendo la paura per mano, nel cuore di entrambi si era fatto abbastanza spazio per far entrare tutta la bellezza che li circondava!

Il 2020 è incominciato come un viaggio all’interno di una grotta profonda. E ci siamo entrati tutti.

Essere genitori in questo momento storico richiede la capacità di gestire la nostra paura e di prenderci cura della paura dei nostri figli. Alcuni studi rivelano che i bambini piccoli che hanno vissuto esperienze potenzialmente traumatiche riescono a trovare risorse per la resilienza (che è la capacità della nostra mente di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, una sorta di cicatrice che permette alle ferite psichiche di non restare aperte), se trovano un genitore in grado di contenere la loro angoscia.

Ogni genitore è stato “contenitore” dell’angoscia del proprio figlio in moltissime occasioni, ad esempio nel prendersi cura di un mal di pancia o di un ginocchio sbucciato con una carezza o un bacio, molto più efficaci di qualsiasi medicina o cerotto per calmare il pianto.

E ogni genitore sa che è riuscito ad essere il miglior contenitore quando aveva sufficiente energia; ha incontrato più difficoltà quando invece era sotto stress.

In questo momento la rete brulica di buoni consigli per i genitori sulle cose da fare: aiutare i bambini a ritrovare una routine, dedicare loro un tempo di gioco, lettura e attività condivise, non esporli a notiziari o a conversazioni che gravitano intorno agli stessi argomenti allarmanti, cercare pazientemente strategie per sopravvivere alla scuola digitale.

In sostanza la riflessione è centrata sulla capacità organizzativa del genitore, ovvero sul saper fare.

Tuttavia la straordinarietà della situazione richiede anche un’altra capacità, che è la stessa richiesta ad un genitore nell’ordinarietà della vita: saper stare emotivamente nella relazione con l’altro, ovvero saper essere.

Possiamo attivare questa nostra capacità, se siamo in grado di “prenderci cura di noi stessi per prenderci cura dei nostri figli” (citando un’espressione del Prof. Raffaele Mastromarino): se siamo presi dall’ansia (organizzativa o esistenziale), difficilmente saremo in grado di sintonizzarci con i bisogni dei nostri figli e di cogliere dove si trovano in questo momento.

Come ci prendiamo cura della nostra ansia?

Nel racconto delle grotte è stato evidente: il riconoscimento dell’emozione (paura), ha permesso di riconoscere il bisogno (rassicurazione) proprio e dell’altro e di agire di conseguenza. Possiamo soddisfare il bisogno di rassicurazione nostro e dei nostri figli sia attraverso la vicinanza emotiva (saper essere) sia attraverso la capacità organizzativa (saper fare).

Più spesso però accade che la paura sia mascherata dalla rabbia: nel bambino può essere agita come “capricci” e  provocazioni, nel genitore come nervosismo e intolleranza. In queste situazioni è molto difficile riconoscere il bisogno di rassicurazione (o di attenzione) e la risposta è spesso una reazione di difesa che allontana.

Il rovescio della medaglia del bisogno di rassicurazione è l’illusione del controllo. Spesso accade che invece di rispondere al bisogno cerchiamo di “compensare” con il tentativo di controllo su noi stessi o sugli altri: andiamo così a nutrire la rabbia che salta in primo piano e nasconde le nostre paure.

Se rinunciamo alla tentazione del controllo possiamo scoprire che tutti, genitori e figli, abbiamo bisogno solo di sentire una presenza che ci accompagna.

Non ci sono “azioni o formule magiche”, ma solo una mano, che non prende in braccio né spinge avanti, ma si offre.

bolli-C.Fenzi 

Claudia Fenzi
pedagogista

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