Il lunario del contadino. Le previsioni del tempo nella tradizione popolare

Febbraio già mostra i primi timidi segni del ciclico risveglio della natura, in quanto i rigori del freddo e le ridotte ore di luce giornaliera cedono ai rinnovati e progressivi tepori della primavera imminente. In passato questa tanto desiderata stagione dai nostri contadini era chiamata verta; il termine dialettale rafforza il significato che essa apre (verze) il nuovo anno agricolo. Marzo, tra l’altro, era fino al 1797, il primo mese dell’anno solare (vedi Via Vai dei Piccoli n.2, aprile-maggio 2019, pp.12,13).

Nella ripresa delle attività, auspicando sempre le condizioni climatiche più favorevoli per il miglior esito della produttività del suolo, il contadino seguiva le scansioni del calendario (comunemente detto lunario), richiamando spesso non date o specifici periodi, ma quei Santi che la liturgia legava al giorno di riferimento.

Sono stati così coniati modi di dire che abbinano il Santo in questione con particolari condizioni ambientali o climatiche per avere previsioni metereologiche o responsi possibilmente favorevoli di provvidenza per la fruttuosa raccolta dei prodotti della terra.

In certi casi lo stesso modo di dire esamina due possibilità che si antepongono reciprocamente come nel caso di Sant’ Antonio abate (17 gennaio): “Sant’Antonio, se non gh’è el giazzo el lo fa, se el gh’è el lo desfa”.

Già per San Sebastiano (20 gennaio) si desidera aria di primavera: “San Bastian con la viola in man” e qualcuno nell’orto intorno a quel giorno semina la prima lattuga, coprendo poi il terreno con foglie e teli, per giungere orgoglioso ad avere le primizie, anticipando il raccolto dei vicini proprio con l’inizio della primavera.

Si mettono a confronto anche periodi ben diversi dell’anno:
San Vincenzo (22 gennaio) gran fredura, San Lorenzo (10 agosto) gran calura; l’uno e l’altro poco i dura”. E finalmente: “Per San Paolo (25 gennaio conversione del Santo) el giasso va al diavolo”.

Singolare era l’usanza di porre un po’ di sale in dodici cucchiai lasciandoli poi sul davanzale della finestra nella notte di San Paolo. (25 gennaio)
Ogni cucchiaio corrispondeva a un mese dell’anno e al mattino, osservando quanto sale in proporzione si era sciolto, si poteva prevedere quali mesi sarebbero stati prevalentemente piovosi, sereni o nuvolosi. Al posto dei cucchiai per lo stesso pronostico si utilizzavano anche 12 squame di cipolla. Questa tradizione è sopravvissuta a Costa di Rovigo per merito di Fortunato Sante Pasello, detto Santo Paseo, scomparso nel 2014. a 84 anni. Oggi è riproposta dal Museo Etnografico dello stesso paese.

Il giorno della Candelora dava un particolare responso: “Con la Canderola da l’inverno semo fora, ma se piove o tira vento de l’inverno semo dentro” (2 febbraio) inoltre “Se gh’è neve a san Romualdo (7 febbraio) l’agosto sarà caldo”.

Nel calendario popolare, la Candelora cade il 2 febbraio. In questo giorno si ricorda la Presentazione di Gesù al tempio e la Purificazione di Maria. Il termine deriva dal fatto che in questa ricorrenza si benedicono particolari candele sulle quali è impressa una piccola immagine della Madonna con il Bambino in braccio. I devoti conservano nelle loro case queste candele, che durante l’anno vengono accese in occasione di gravi malattie in famiglia e per scongiurare i pericoli legati ai temporali.

lunario-benedettoIl mese di marzo vede l’arrivo della primavera, ed ecco: “San Benedetto con la rondine sotto il tetto”. Purtroppo sono sempre meno questi eleganti e vivaci uccelletti che garrendo volteggiavano tutta l’estate intorno ai casolari indaffarati ad allevare i loro piccoli in nidi di fango e pagliuzze, ancorati nei cornicioni o nelle travi di stalle e cantine. Anche San Benedetto ha perso il suo 21 marzo, in quanto la nuova riforma liturgica ha spostato la sua commemorazione al giorno 11 luglio. Marzo riserva qualche sorpresa nelle condizioni climatiche. Si dice sia pazzerello perchè spesso “cambia di umore”: dal piacevole tepore all’inquietudine di venti anche pungenti, da pioggerelline ad acquazzoni, fino a qualche nevicata.

modi di dire: Marzo marzon, marzo sventolon
Da marzo un piè calzà e uno descalzo
A marzo ogni mato va descalzo
Se te gà un bel zoco (grosso pezzo di legno), tienilo par marzo (per riscaldarti)
La neve marzolina la dura da la sera a la mattina

Per il resto dell’anno ricordiamo alcuni modi alle date fondamentali nell’alternarsi delle stagioni. Si diceva che: “Le giornate non le fa un salto se non te va da un San Giovanni all’altro”. I due Giovanni in questione sono il Battista (23 giugno) e l’Evangelista (27 dicembre) che richiamano i due giorni corrispondenti, indicativamente, ai solstizi d’estate e d’inverno. Per quest’ultimo fa riferimento anche: “Santa Lucia la notte più lunga che ci sia”, detto legato al fatto che il 13 dicembre era il giorno del solstizio invernale prima della riforma del calendario voluta da papa Gregorio XIII nel 1582.

D’estate è essenziale la pioggia per il buon esito dei raccolti, tanto che: “A Sant’Anna (26 luglio) la piova l’è na mana e da la Madonna (15 agosto, Maria Assunta) l’è ancora bona”; importante però è che non piova il 29 settembre in quanto: “Se l’angelo Michele se bagna le ale piove fin a Nadale”.

Prima dell’arrivo dell’inverno ecco: “L’estate di San Martin (11 novenbre) che dura un dì e un fiatenin” e ben presto giunge il nostro “San Bellin (26 novembre) con la neve sul camin” che porta inevitabilmente verso il freddo. Ma c’è anche “Sant’Adrea (30 novembre) che ciapa el porco par la sèa (setola)”. L’uccisione del maiale garantiva un po’ di tranquillità nel sostentamento in questa ultima fase dell’anno e oltre, fino alla Quaresima, quando iniziava a riprender vita l’atteso sentore della primavera.

GLI ALMANACCHI

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Si consultavano anche almanacchi per conoscere in anteprima le condizioni atmosferiche che avrebbero caratterizzato l’anno in corso, le informazioni e i consigli per il buon esito della produttività dei campi e degli orti, questi ultimi non secondari, assieme agli animali da cortile, per il sostentamento quotidiano.Ancor oggi alcuni almanacchi, che hanno convissuto per decenni con le famiglie contadine e sui quali le stesse hanno regolato il ritmo della loro esistenza, sopravvivono e sono editi annualmente.
lunario-barbaneraTra questi dal 1838 si pubblica il Vero ed Autentico Almanacco Meteorognostico Vicentino, più noto come El Pojana, e dal 1762 arriva da Perugia il Barbanera, il più antico almanacco italiano che l’Unesco ha elevato a Patrimonio dell’Umanità; dal 1946, infine, ancora presente in molte famiglie è il calendario-almanacco Frate Indovino. Si riportano alcune annotazioni, tratte dall’edizione di quest’anno de El Pojana, riferite ai mesi di febbraio e marzo. Per la seconda metà di febbraio è riportato: “Vento burrascoso apre la fase con pioggia e neve; vario poi con tempo che va rimettendosi al bello” ed anche “Giorni sereni con freddo acuto…che persiste con vento diaccio…”; per la fine di marzo si legge: “Si mantiene il buono all’inizio della fase; cambiamento di tempo in senso piovoso con vento freddo in seguito…”. Al tempo debito si potrà verificare se queste previsioni corrisponderanno a qualche verità!

 

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a cura di
Raffaele Peretto
Archeologo

 

 

 

 

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