La felicità dei nostri bambini

UNA BUONA VITA DI COPPIA È IL PIÙ FRUTTUOSO DEGLI

INVESTIMENTI PER I NOSTRI FIGLI

La felicità dei nostri bambini è sempre la priorità. Così per loro organizziamo i pomeriggi, le gite fuori porta, le feste con gli amici, le ripetizioni per colmare le carenze della scuola. Ci sovraccarichiamo di impegni al punto tale da farci piegare spalle e fronte solo sul nostro time-table, sospinti da un forte senso del dovere e di sacrificio.

E la felicità? Quella di coppia il più delle volte è seriamente compromessa. E quella dei bambini?

Lo chiediamo a Matteo Spagnolo, che a Rovigo è psicologo, psicoterapeuta, e da sempre lavora con le coppie e con gli adolescenti.

Pensare che il bambino sia felice se noi non lo siamo è un’illusione.

Se c’è una cosa che influenza il suo umore è il nostro umore. Pensare che occuparsi bene dei figli sia dedicare loro tutto il tempo o riempirgli di attività la giornata è un altro errore.

Ciò di cui hanno veramente bisogno è essere riconosciuti per quello che sono. E per farlo è necessario che il tempo dedicato loro sia di qualità. Mi riferisco ad un tempo, seppure breve, in cui siamo totalmente presenti al nostro bambino, vivendo il qui ed ora accanto a lui. Senza farci distrarre da altri impegni, da stress, ansie, tristezze varie.

La felicità del bimbo ha un prerequisito fondamentale: che il genitore abbia superato i conflitti interni e che sia in armonia con se stesso.

E’ qui che entra in gioco una buona relazione di coppia?

L’investimento nella felicità della coppia è il più prezioso degli investimenti anche per la felicità dei bambini. Una coppia felice non è quella che fa finta di stare bene e non litiga, ma quella che ha imparato a ritagliarsi del tempo di qualità. Anche il partner ha bisogno di sentirsi riconosciuto ed accolto. E l’unico modo per soddisfare questo bisogno è essere totalmente presenti all’altro. Rincasare, abbracciare il nostro partner, guardandolo negli occhi per qualche istante, è un modo semplice per ribadire all’altro che ci siamo. Può diventare anche una bella abitudine nella quotidianità capace di stemperare eventuali tensioni. Un’altra bella abitudine è quella di sostituire le aspettative con i desideri. Mentre questi ultimi ci mettono in contatto con il nostro sentire ed i nostri bisogni profondi, le aspettative sono tra le prime cause di litigi o rotture. Esse sono pensieri o idee su quello che a nostro parere ci renderà felici, legati a convinzioni e non a bisogni profondi. Così ci arrabbiamo, se dopo aver detto al partner di non uscire, lui esce comunque. L’aspettativa era che lui ci capisse. Non è avvenuto. Non poteva accadere perché non abbiamo comunicato il nostro bisogno o il nostro sentire. Se lo avessimo fatto, se avessimo prima riconosciuto la nostra paura di essere abbandonati e ne avessimo reso partecipe il partner, forse, le cose sarebbero andate in modo diverso.

Ma questa seconda modalità di relazione prevede che ci apriamo all’altro attivando una comunicazione autentica, quella che il più delle volte gli adulti evitano per il timore di essere feriti. E la paura alimenta così le aspettative ed esse paradossalmente favoriscono le paure stesse. Un circolo vizioso che può essere interrotto solo se uno dei due o entrambi lo desiderano.

Come facciamo ad uscire da questo circolo vizioso o semplicemente a scongiurarlo?

C’è un esercizio semplice semplice. Fermiamoci almeno una volta al giorno per uno o due minuti, durante i quali pensiamo solo ed esclusivamente a noi, e in cui ci chiediamo: come sto? La risposta non sarà immediata. Ci vorrà del tempo, ma questo banale esercizio avrà il potere di metterci in contatto con noi stessi, con i nostri bisogni più profondi. Riconoscerli è il primo passo per relazionarsi con l’altro in modo costruttivo, senza aspettative, ma con legittimi desideri. Non possiamo dirci veramente empatici verso il nostro partner o i nostri figli, se prima non abbiamo imparato ad esserlo verso noi stessi. Se non abbiamo contatto con le nostre emozioni che rappresentano anche il nostro baricentro.

La mente, infatti, è una macchina straordinaria che elabora strategie ingegnose e ci fa pensare che saremo felici se cambieremo lavoro, se lui non uscirà più, se compreremo la casa nuova, se usciremo dalla crisi economica…. Ma si tratta di risposte illusorie ad un bisogno profondo che se non riconosciuto e quindi eluso , continuerà sempre a bussare alla porta.

E le coppie separate? Come possono garantire la felicità ai loro figli? 

E’ un’assurdità pensare che la separazione non sia un trauma per la coppia e anche per i figli. Non esiste la bacchetta magica capace di alleviare il dolore, ma riconoscerlo, anche con i figli, è un buon modo per iniziare ad elaborare il trauma, superarlo e al tempo stesso aiutare i ragazzi ad esprimere ogni loro emozione.

E’ soprattutto importante non perdere mai di vista i loro bisogni, anche quando non coincidono con i nostri.

A volte lo sforzo è immane, soprattutto quando la rabbia e la tristezza sono ancora molto ingombranti. Ecco perché è necessario ritagliarsi degli spazi in cui sia possibile dare sfogo a queste emozioni. Reprimere equivale ad accumulare e più spesso ad esplodere nei modi peggiori e con le persone sbagliate.

 

 

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