L’Arco rotto di Eros…

CRAAAACK!” Il rumore del legno rotto..una goccia di sudore e una vampata di caldo che gli saliva su verso le orecchie, come tutte le volte che la mamma lo sgridava per una marachella.

L’arco di Eros si era rotto di nuovo!

Suo papà, il dio della guerra, l’aveva avvisato più volte: “Se devi colpire un omone grande e grosso non serve tirare tanto forte, basta trovare un punto morbidone dove la freccia possa entrare nella ciccia!”

Ma ad Eros piaceva tanto tirare la corda dell’arco fino al limite!

Era bello come la mamma, la dea della bellezza, ma birbante come il papà e lei non mancava mai di dirglielo quando ne combinava una: “Sei tutto tuo padre! Ma proprio per questo ti amo così tanto!” Come darle torto!
Le manine goffe e cicciottelle cercavano invano di unire i pezzi. Colla, scotch, persino una cicca da masticare erano riuniti in un groviglio appiccicoso, un maldestro quanto infantile tentativo di riparazione del danno.

Eros era troppo orgoglioso per ricorrere di nuovo all’aiuto del papà, soprattutto perché dopo le raccomandazioni fatte, stavolta una sculacciatina non gliel’avrebbe risparmiata di sicuro!

Se l’era trovato nella culla fin da piccolo quell’arco. L’aveva sbavato, ciucciato, mordicchiato con i primi dentini e quando le sue braccia erano diventate abbastanza forti, un giorno il padre lo aveva munito di una freccia.

“Vedi figliolo, con queste ci si fa la guerra, io lo so bene, ma tu avrai al contrario il privilegio di usarle per disseminare amore”. “Amore è il significato del tuo nome!” aveva aggiunto la mamma.

E così era stato…brutti con belli, alti con bassi, smilzi e cicciotti, vecchi con giovani. La freccia non guardava in faccia a nessuno, portava amore senza distinzione alcuna.

Eros passava le giornate a tendere imboscate e la sua mira era diventata ormai infallibile.

Ora però, in mancanza dell’arco, non poteva di certo mettersi a giocare a freccette e quel grosso bambinone che aveva tentato di colpire, prima che la sua arma diventasse un mucchietto di legnetti per accendere il fuoco, si stava avvicinando minaccioso in cerca di risposte.

“Io..io..non volevo, sta..stavo so..solo tentando di farti innamorare della ragazzina con i brufoli e le orecchie a sventola seduta sulla panchina in fondo al vialetto!

Io..io sono Eros il dio dell’a..amore! Accipicchia, se se solo avessi ascoltato il papà, ora voi stareste già seduti a manina di fronte al baracchino dei gelati a mangiare dallo stesso cono! Accidenti a..accidenti a me e alla mia testa dura e a questo arco da quattro soldi!!”

La fronte aggrottata, gli occhi piccoli piccoli colmi di rabbia, le braccia nervose lungo i fianchi, avevano lasciato spazio ad uno sguardo interrogativo sul volto del ragazzino. “Cosa stai farneticando? Amore? Che significa?”

“Beh..vedi, io uso questo arco per colpire le coppie e farle innamorare, naturalmente senza che loro mi vedano e quando la freccia entra nella ciccia è già troppo tardi per sentir male, perché la beatitudine si è già impossessata del cuore dei due malcapitati!”

“Amore..” il ragazzo ripeté a bassa voce questa parola, come se stesse cercando, scandendo le sillabe, di carpirne il significato.

Fu così che Eros, per la prima volta, si accorse che il significato di quella parola non era mai entrato nel vocabolario dei comuni mortali. Qualcosa di simile lo si poteva forse trovare alla voce “virus”, poiché il piccolo Cupido usava la sua freccia come una siringa per iniettare questo sentimento nel cuore di uomini sani e ammalarli d’amore.

“Si ama qualcuno, quando non si può far a ameno della sua compagnia!”
“Spiegati meglio..” incalzò il giovane.
“Vediamo..c’è qualcosa che ti piace tanto mangiare?”
“Certo! La marmellata di mele della nonna! La spalmo sugli omini di pan di zenzero, li rende morbidi morbidi e a me insieme fanno impazzire!”

“Ecco ci siamo, gli innamorati sono come il tuo biscotto e la tua marmellata, da soli non sarebbero così buoni! Quando ci si innamora tutto raddoppia, perché si uniscono le forze!”

L’amore della mamma per il papà, ma attenzione anche della nonna per il nipotino…A proposito di marmellata di mele, hai mai provato a tagliare una mela a metà?”
“Certo! Che domande..ma che c’entra?”
“Prendine una parte e vedi se fra mille altre riuscirai a trovarne un’altra metà che combaci perfettamente con la tua. Non accadrà mai!

Lo stesso vale per gli innamorati, tutti hanno una metà che li attende ed è solo quando le due si congiungono, che il cuore inizia a battere non più solo per respirare, ma anche per amare! Questo è l’amore, non siamo nati per stare soli ma per gioire della vita in due, ora mi capisci?”
“Credo di si! “

Il faccione rosso per la timidezza, una mano che si alzava a grattare nervosamente la fronte prima di proseguire: “ La sera, la mamma non resta mai alzata da sola, anche quando il papà è tanto stanco e va a letto presto, lei lo segue, per addormentarsi con lui.. Credo di aver capito!”

Quella sera Eros prese il suo arco e lo ripose nell’armadio, nessun altro tentativo di riparazione in programma per il suo inseparabile amico.
Una corsa lungo le scale.. “Papà..ho rotto l’arco ma non arrabbiarti, credo non mi serva più!”

Da quel giorno vaghiamo impazienti di trovare l’altra metà della mela, senza sapere che non sarà lei a trovarci ma noi a sceglierla. Niente più arco, niente più frecce, la fitta al cuore però rimarrà sempre, quando incroceremo gli occhi di chi trascorrerà la sua vita accanto a noi.

Eros ci guarda soddisfatto e l’unica mira che deve prendere ora, è per far entrare nella sua bocca i deliziosi biscotti della nonna.

 

Al mio piccolo Eros, che senza arco né frecce ogni giorno mi insegna il significato della parola AMORE.

di Evelin Crepaldi

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