Il potere di una scheggia

C’era un vaso  

Un vaso di ceramica bianca con piccole rose rosse decorate.
Una ceramica di manifattura francese con i manici a forma di foglie dorate, alta 30 centimetri con l’imboccatura stretta. Indubbio il valore economico. Più importante, però, quello affettivo.

In poco più di un chilo di pregiato materiale, c’era tutta la storia della mia famiglia. Apparteneva infatti a mia mamma. E prima di lei, a mia nonna. Prima ancora alla mia bisnonna. Era entrato nella mia casa il giorno del mio matrimonio, posizionato sulla mensola più alta della mia libreria in salotto. Anche mia mamma lo teneva in un salotto, come mia nonna e credo anche la mia bisnonna.

Negli anni è sempre rimasto dov’era, come tutte quelle cose importanti della vita che pensiamo non debbano cambiare mai. Così nella sua rassicurante immobilità, la sua presenza, nel mio salotto, mi era diventata scontata, indifferente. Capita anche questo nella vita… alle cose importanti …

Un giorno, mentre passavo l’aspirapolvere in salotto – atto del tutto prosaico nella quotidianità di una donna – proprio sotto il tappeto di fronte alla libreria, con mia grande sorpresa, trovai uno dei manici dorati di quel vaso prezioso e qualche scheggia. Mi ribollì il sangue.

Da oltre un secolo la mia famiglia possedeva quel vaso. Nulla era mai accaduto che lo mettesse in pericolo. Mi era stato donato perché ne avessi cura. Come era potuto accadere? Chi era stato? Com’era possibile che non me ne fossi accorta? Ho raccolto le schegge ed il pezzo di manico. Ho appoggiato tutto sul tavolo, mentre con lo sguardo cercavo di capire cos’era successo davvero al mio vaso. Non era più al suo posto. Qualcuno lo aveva spostato sul mobile di fronte, sempre in alto. E nemmeno di questo mi ero accorta!

Chissà da quanto tempo…

Non mi fu facile prendere sonno quella notte. Quelle schegge nella loro leggerezza avevano avuto un effetto dirompente in me. “E’ solo un vaso!”. ContInuava a ripetere mio marito. “Un vaso vecchio oltre 100 anni. Può ben accadere che si rompa un manico, in 100 anni, non credi?! E poi, da quanto tempo non lo degnavi di uno sguardo …?”

Che rabbia quelle parole. Che ne sapeva lui! Non era mica un pezzo della sua storia!

Per giorni ho cercato invano di capire di chi fosse la colpa. Che razza di persona poteva fare un gesto così? Colpire il vaso, farlo cadere e nascondere i cocci sotto il tappeto. Tacere.

Rimuginai parecchio.

Poi la decisione di usare la colla più potente che avevo in casa e provare a riattaccare quel manico e quelle schegge al vaso. Non venne un lavoro perfetto. Mi accorsi che non sarebbe mai stato come prima. Era diverso. Tenni per qualche giorno il vaso sul tavolo, giusto il tempo utile a fare asciugare la colla.

Ma in quel tempo, chi entrava in casa notava sul tavolo il vaso e ne elogiava la bellezza. Allora, io raccontavo la storia lunga oltre 100 anni. Poi mostravo la frattura e come l’avevo aggiustata. Era la storia della mia famiglia e di me.

Una sera di inizio primavera lo riempii di fiori. Mi resi conto che fino a quella sera non avevo mai apprezzato veramente il vaso. Lo avevo solo conservato come in un sacrario divenuto negli anni muto e senza voce.

Ora so che quelle schegge furono necessarie al mio vaso per tornare ad avere un ruolo da protagonista nella mia casa e soprattutto furono utili a me per tornare a fare memoria di 100 e più anni di affetti.

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