I Pediatri di famiglia ai ragazzi ed ai genitori: non abbassate la guardia!

Intervista al dott.Massimo Pasqualini, pediatra di famiglia
di Micol Andreasi

Da qualche settimana la scuola ha riaperto le sue porte a studenti ed insegnanti e, come era prevedibile, nonostante le tante precauzioni, i numeri dei contagi da Covid-19 continua a salire. Mentre il Governo proroga lo stato di emergenza, le scuole inaspriscono le misure di controllo, i telefoni e le sale d’attesa dei pediatri di famiglia sono presi d’assalto.

“Mio  figlio ha il mal di gola? Il mio ha la febbre? Il mio tanta tosse… Che fare?” “Mali di stagione!”, avrebbe risposto il pediatra fino a  marzo scorso. Ora, invece, la risposta richiede un po’ più di tempo ed in molti casi necessita di un tampone. Necessario per la cura adeguata; necessario per la riammissione a scuola; necessario per la tranquilla convivenza con la comunità.

Il dottor Massimo Pasqualini, pediatra di famiglia e referente per la provincia di Rovigo  – una delle meno colpite in termini di incidenza del virus – della Federazione italiana medici pediatri, ribadisce l’impegno della sua categoria in questa difficile situazione e non perde occasione per sollecitare un atteggiamento continuo di responsabilità, dentro e fuori le scuole che prevede il divieto di assembramenti, l’uso costante delle mascherine e dell’igiene delle mani.

La visita del pediatra di famiglia è sufficiente per valutare o meno la presenza del virus in un bambino?

Assolutamente no. L’unica strada certa che permetta una valutazione incontestabile è il tampone naso-faringeo. Ad oggi è ancora l’unico strumento che abbiamo a disposizione per fare diagnosi di infezione  da Coronavirus . La necessità di fare tanti tamponi, soprattutto con le scuole aperte, è legata non tanto alla necessità di una diagnosi differenziale rispetto ad un banale raffreddore, ma alla sorveglianza utile a non far partire nuovi focolai, che potrebbero mettere in seria difficoltà il sistema sanitario.

Si è più volte ribadito che il virus sui pazienti più giovani non crea grossi problemi, perché allora tanti controlli?

Sappiamo che i bambini, per fortuna, sono “graziati” dal punto di vista clinico, ma non abbiamo dati epidemiologici, ad oggi, per dire che non possono diventare pericolosi portatori per le altre fasce d’età. Nel lockdown i bambini, a casa da scuola, giustamente non sono stati sottoposti a tampone; non rappresentavano un pericolo per la collettività. Ora, invece,  con la riapertura delle scuole dobbiamo fare sorveglianza vera (come correttamente ha fatto fin dalla prima ora la regione Veneto tamponando tanto) per cercare di non ritornare ad una situazione di lockdown. Faccio, pertanto, un appello ai ragazzi, soprattutto a quelli più grandi che usciti da scuola, abbandonano la mascherina e si lanciano in baci ed abbracci: ricordatevi che a casa avete un nonno!

Che cosa pensa della scelta della Regione del Veneto dell’uso dei tamponi rapidi nelle scuole?

Partiamo dal fatto che quello validato resta il tampone molecolare, il rapido è una buona soluzione per lo screening. Di fronte ad un caso sospetto, però, resta la necessità del tampone molecolare. Già all’inizio dell’estate avevamo, come pediatri di famiglia, allertato le dirigenze delle Asl  di come sarebbe stata la situazione alla ripresa della scuola.  L’esperienza dei  centri estivi ha fatto da banco di prova. Fin da subito abbiamo costruito col SISP (Servizio Igiene Sanità Pubblica) un percorso dedicato per avere risposte rapide al tampone, così da non bloccare i centri estivi e i genitori del caso sospetto.  Come un mantra, abbiamo sollecitato e continuato a sollecitare la necessità di una risposta sempre più rapida al tampone e  quella di un incremento di risorse umane dedite all’esecuzione del  tampone stesso, condizioni fondamentali  per la tenuta del sistema nel suo complesso, scuola compresa.

Da tempo la Società dei pediatri sollecita le famiglie a vaccinare i propri bambini contro l’influenza, perché,  se non copre il virus da Covid-19?

Prima di tutto è una questione etica; se grazie alla vaccinazione riusciamo a far circolare meno il virus dell’influenza ci sarà meno affollamento delle terapie intensive che potrebbero  dover affrontare un duplice problema le complicanze del coronavirus e dell’influenza e il sistema potrebbe non reggere. In seconda istanza proteggiamo i piccoli dall’influenza e in caso di sindrome influenzale in un bambino vaccinato sarà più facile dirigere l’attenzione verso il coronavirus isolando il caso per non far partire il focolaio.

Chi somministrerà il vaccino antinfluenzale al bambino. In quale modalità?

Molti pediatri vaccineranno i bambini nei loro studi. I bambini 6 mesi – 6 anni e quelli che rientrano nelle categorie a rischio avranno il vaccino fornito dall’Azienda Sanitaria; dovranno fare, se mai vaccinati in precedenza, 2 dosi di vaccino la seconda dopo almeno 4 settimane dalla prima. Per i bambini sopra i 6 anni che non rientrano fra le categorie a rischio il genitore deve procurarsi il vaccino in autonomia. Per i bambini sopra i 9 anni basta un’unica dose di vaccino.

Potrebbe piacerti anche Altri di autore

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.